Falcone e Borsellino, 30 anni dopo le stragi

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due eroi italiani, caduti nella lotta contro la mafia, con i quali tutti noi siamo in debito. A trent’anni dalla morte rappresentano un modello di interpreti della giustizia e servitori dello Stato che racchiude i valori fondamentali della Costituzione repubblicana: impegno per la difesa dello Stato di Diritto, fedeltà ai diritti fondamentali di ogni cittadino, volontà di proteggere e migliorare la qualità della vita della nostra comunità nazionale.

La loro capacità di sfidare la criminalità organizzata nasceva dalla profonda conoscenza dell’avversario, l’umiltà di non sottovalutarlo e la determinazione a non arretrare mai nella difesa delle nostre libertà.

La mafia scelse di ucciderli, con la violenza più feroce, nella miope convinzione che eliminando loro sarebbe riuscita a tornare padrona assoluta del campo, obbligando lo Stato a ritirarsi. In realtà è avvenuto l’esatto contrario perché l’assassinio di Falcone e Borsellino fu uno shock nazionale che spinse la grande maggioranza degli italiani a comprendere l’entità del loro valore, l’importanza del loro esempio e in ultima istanza la possibilità di non avere paura davanti alla mafia. di Maurizio Molinari

Ecco perché ricordare Falcone e Borsellino, le loro vite e le loro azioni significa rendere la Repubblica più salda, le istituzioni più forti e tutti noi più uniti in un duello con la criminalità organizzata che abbiamo ereditato dai nostri genitori e che lasceremo in consegna a figli e nipoti. Nella consapevolezza che solo la responsabilità di ognuno di noi nel preservare e rinnovare l’eredità di Falcone e Borsellino può consentirci di essere più forti di chi crede nella morte e disprezza il prossimo. 

Nel cratere dell'autostrada trent'anni di misteri 

Trent'anni dopo, quel cratere sull'autostrada di Capaci è ancora una voragine piena di misteri. Ecco l'ultimo. La sera del 23 maggio 1992, un camionista telefonò al numero verde dell'Alto commissariato per la lotta alla mafia: "Ieri, c'erano tre operai che stavano lavorando proprio lì dove hanno ammazzato il giudice Falcone - disse - e mi è sembrato strano, perché erano le 19.30, e poi avevano una tuta giallina troppo pulita per essere un fine settimana". Una testimonianza importante, la telefonata fu inviata subito alla procura di Caltanissetta, che la fece trascrivere, ma non venne fatto nessun altro approfondimento: il verbale è rimasto per trent'anni in un archivio, dove Repubblica l'ha ritrovato.

E, adesso, le parole di quel testimone dimenticato (o rimosso?) rilanciano il mistero. Chi c'era davvero sull'autostrada Punta Raisi-Palermo per preparare e realizzare l'attentato che uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i poliziotti Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Trent'anni dopo, sono ancora tanti i punti oscuri di una strage che ha segnato la storia d'Italia. Nonostante tre degli esecutori materiali, diventati collaboratori di giustizia - Giovanni Brusca, Gioacchino La Barbera e Santino Di Matteo - abbiano assicurato che non c'erano presenze esterne nel commando messo in campo dalla Cupola mafiosa diretta da Salvatore Riina.

Ma i dubbi restano, sono fissati nelle stesse sentenze che hanno condannato mandanti ed esecutori di Cosa nostra. E la magistratura continua a indagare. di Salvo Palazzolo

Fonte: https://palermo.repubblica.it/cronaca/2022/05/23/news/falcone_borsellino_30_anni_strage_capaci_via_d_amelio-350401588/